Sono 7 milioni gli automobilisti italiani che non pagano il bollo. Secondo l’ex direttore del Centro Studi Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), Sirio Tardella, dei 6,6 miliardi di euro che lo Stato dovrebbe incassare, in realtà ne arrivano solo 5,6. Se pagassero tutti si potrebbe diminuire globalmente di circa il 20%. In teoria, anche l’assicurazione potrebbe essere ridotta del 10% se 4 milioni di automobilissi non evadessero, come ha rivelato l’Isvass, l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni. Gli strumenti che lo Stato ha per evitare l’evasione sono molteplici: ad asempio l’Archivio Nazionale dei Veicoli gestito dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture che per ogni veicolo targato annota tutti i dati contenuti nella carta di circolazione al momento dell’immatricolazione e tutte le eventuali modifiche; il Pubblico Registro Automobilistico gestito dall’Aci che attesta con assoluta sicurezza la proprietà di ogni veicolo; le compagnie di assicurazione che acquisiscono i dati dei veicoli e dei relativi clienti per la stipulazione dei contratti per Responsabilità Civile, obbligatoria e poi ci sono le case automobilistiche, che offrono costantemente assistenza, riparazioni, controlli e richiami di sicurezza sulle automobili da loro vendute. Eppure, di evasori ce ne sono milioni e milioni. Alla già brutta situazione contribuisce anche il lavoro fatto dai governi Berlusconi e Monti, che ad esempio con il superbollo hanno portato al «crollo delle vendite di auto con potenza superiore a 185 Kw con conseguente minore gettito di Iva, IPT e bollo pari a quasi 100 milioni di euro; il deprezzamento dello stock di usato presso i concessionari, in attesa di essere rivenduto, di circa 200 milioni di euro; la massiccia esportazione di vetture soggette al superbollo con conseguente minor gettito derivato da quella sezione di parco; a perdita di valore del residuo parco delle auto di quel tipo circolante in Italia stimato in circa un miliardo di euro (oltre 200 mila vetture per una perdita unitaria media di valore di circa 5 mila euro)».
Le soluzioni sono due secondo Tardella: creare una struttura pubblica nella quale far confluire tutti i dati in possesso dei soggetti già elencati, e poi assegnare ad ogni veicolo una carta d’identità digitale al posto del libretto e di ogni altro genere di certificazione cartacea.