Oggi, dopo giorni di silenzio, il padre di Jules Bianchi, Philippe, ha parlato dalle colonne della Gazzetta dello Sport, spiegando le condizioni del figlio che, purtroppo, ancora non si è svegliato.
“Ci sono momenti che guardando Jules disteso nel letto, senza un graffio, mi viene da dargli un buffetto sulla guancia e dirgli: dai alzati, cosa fai lì disteso? Andiamo via dal Giappone Jules, torniamo a casa! Lui è forte, vincerà il suo giro di qualifica più importante. Non molla, ne sono sicuro. La situazione è disperata. A ogni squillo di telefono sappiamo che può essere l’ospedale per dire che Jules è morto. Ma prima avevano detto che erano cruciali le prime 24 ore, poi sono diventate 72 e adesso siamo ancora qui, con Jules che lotta. Io lo vedo, ci credo, gli parlo, so che mi sente. I dottori ci hanno già detto che questo è un miracolo, che nessuno è mai sopravvissuto ad un incidente così grave. Eppure Jules non si arrende. Il suo preparatore mi ripete che se c’è uno che può farcela è lui, con la sua volonta. E’ dura, in una settimana la vita della nostra famiglia è stata distrutta. Cosa faremo, come faremo adesso qui, lontani da tutto? Viviamo un incubo. Magari quando Jules starà meglio potremo darci il cambio, qualche settimana a testa, forse potremo trasferirlo a Tokyo e sarà un po’ più facile… Ma chissà quando accadrà, se accadrà. Non abbiamo certezze, bisogna solo aspettare”. Poi, riferendosi a Schumacher, dice: “Sono stato male quando si è fatto male. E anche io come tutti mi chiedevo perché non ci dicessero le cose, come stava. Ma ora che è successo a me, capisco. Tutti mi chiedono come sta Jules, ma non posso dare una risposta. E’ gravissimo, ma stabile. Un giorno sembra un po’ meglio, uno un po’ peggio. I medici non si pronunciano, il danno avuto nell’impatto è stato grande, ma non sanno come evolverà. Anche con Schumacher ci sono voluti mesi prima che uscisse dal coma, eppure ho letto che anche Todt spera che possa avere una vita quasi normale. Ecco, un giorno spero di poter dire lo stesso. Non è il momento di parlare. Il video non l’ho visto e non lo voglio vedere, diventerei matto. Mentre io e la famiglia abbiamo bisogno di tutte le energie per darle a Jules, per fargli sentire che siamo qui e che vogliamo riportarlo a casa. Adesso conta lui”.