L’obiettivo era quello di rallentare la velocità delle auto e ridurre il numero degli incidenti ma per molti era soltanto un espediente per fare cassa. La sentenza che ha annullato una multa dell’autovelox; per il giudice il dispositivo era irregolare
Gli autovelox sono galline d’oro per le amministrazioni comunali di tutta Italia e per le casse spesso disastrate degli stessi comuni. Per tanti automobilisti, tuttavia, il sospetto è che l’installazione dei dispositivi per il controllo della velocità sia solo uno strumento per fare cassa.
E adesso, almeno in un caso, i giudici gli hanno dato ragione e chissà se non ci saranno nuovi casi. Il dispositivo in questione era stato attivato nel mese di luglio sulla Statale Lecce-Brindisi, nel territorio di Surbo. L’autovelox incriminato era tra i più famigerati per gli automobilisti di tutto il Salento con una media di oltre 32 multe ogni giorno. La decisione di installare l’autovelox sul territorio di competenza del Comune di Surbo in una fondamentale arteria di collegamento, come la statale 613, era stata assunta dall’amministrazione guidata dall’allora sindaco Ronny Trio.
In quel tratto di strada il limite di velocità imposto è di 110 km/h. In circa sette mesi di funzionamento, stando alle fatture presentate da Italtraff, azienda di Manduria alla quale è stato affidato anche l’autovelox di Galatina, l’apparecchio ha elevato 6.897 verbali per un incasso complessivo di oltre 400mila euro. Obiettivo in linea con l’importo che l’amministrazione aveva previsto di incassare dall’apparecchiatura.
Il sospetto che l’istallazione del dispositivo fosse in realtà un modo per fare cassa si era già levato nel giugno 2022. In particolare fece discutere la scelta di posizionare in un punto tutt’altro che visibile che aveva innescato diatribe nella stessa maggioranza comunale. In quei giorni l’attenzione fu tale che fu attivato un tam tam di profilo social in profilo e di cellulare in cellulare che finì per generare il panico.
L’obbligo di taratura periodica degli autovelox è stato imposto nel 2015 dalla Corte Costituzionale, che ha stabilito un fondamentale principio: “tutte le apparecchiature elettroniche – fisse e mobili, presidiate dalla pattuglia o funzionanti in automatico – impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità devono essere «sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura“.
Nella fattispecie l’apparecchiatura di Surbo nei mesi, più volte era stata oggetto di ricorsi da parte degli automobilisti multati. Di recente, il giudice di pace di Lecce, Anna Maria Aventaggiato aveva anche annullato una multa per il mancato deposito della documentazione per la taratura della strumentazione dall’avvocatura del Comune.
“Nessuna documentazione sull’omologazione e il corretto funzionamento dell’apparecchio“, si legge nella sentenza della giudice Aventaggiato. “Appare evidente come nessuna prova sia stata fornita in ordine al corretto funzionamento dell’apparecchiatura utilizzata dagli agenti accertatori“. Ma ora dell’occhio elettronico non c’è più traccia.