Di Alessandro Bettelli
Che l’assassino fosse il maggiordomo era più che preventivabile. Ma l’orrore avvenuto fra le due Frecce d’argento all’ingresso di curva “4”, ha più il sapore di un omicidio-suicidio che di un delitto dettato dalla rivalità fra i due piloti. Per le tempistiche in cui è avvenuto: un batter di ciglia a poco più di 20 secondi dal semaforo verde. Per l’irruente brutalità con cui si è manifestato: davanti a tutte le altre monoposto, di fronte a 80 milioni di telespettatori. Insomma, Hamilton e Rosberg, sono correi di una “vaccata” galattica. Solo il team principal, Toto Wolff, con la sua teutonica freddezza, figlia di uno strapotere lungo ormai 3 anni, poteva trovare le parole giuste, palesemente di circostanza, per sminuire i fatti. Ma le parole, a fronte di immagini così schiaccianti, contano poco. Per non dire nulla. Voto: 3. Comiche.
In realtà ad essere sopranominato “l’Olandese volante” era il padre Jos, più aggressivo che vincente. Ma la famiglia Verstappen non ha perso tempo: è bastata una generazione appena per sfornare un fuoriclasse del volante, capace di vergare il primo record ad appena 18 anni. Sì, perché la vittoria di Max, oltre a rappresentare la consacrazione “minima” di un talento annunciato, ci fa capire come “Verstappen junior” sia realmente nato sotto una stella vincente (leggi fondoschiena da taglia XXL), considerando come la sua vittoria sia avvenuta grazie a una congiunzione astrale (il massacro in casa Mercedes), che non si vedeva da almeno tre anni a questa parte. VOTO: 10. Predestinato.
Di peggio ricordiamo solo l’ultimo Raikkonen pre-ritiro dalla Formula 1. L’iceman finlandese, così come la Ferrari, sembrano tornati indietro nel tempo, quando, per intenderci, a guidare il team di strateghi capaci di fare perdere il mondiale all’ultima gara ad Alonso era Stefano Domenicali. Oggi, a differenza di allora, fortunatamente, in luogo degli “andrà meglio la prossima volta”, ci si sta cominciando a incazzare e la pazienza (non solo dei tifosi, ma anche dei vertici del Cavallino) a finire. E come non potrebbe essere diversamente! E’ il team che spende di più in investimenti sulla vettura eppure continua a rincorrere (ad un secondo di distanza) la Mercedes, quando non anche la rediviva Red Bull. E anche quando il cielo sopra il tracciato di Barcellona presenta i migliori auspici, ecco che a voler andare contro al destino di vittoria ci si mettono, nell’ordine: una strategia discutibile (le tre soste di Vettel) e un Raikkonen ormai più camionista che pilota. Mai capace di un accenno di sorpasso, mai realmente in grado di mettere pressione a Max Verstappen. Un campione annunciato, certo, ma al momento solo un pischello di 18 anni. Inoltre, che la scuderia Ferrari possa a breve aprire una succursale per trasporti internazionali su ruote arriva anche da Vettel, che dal Gp di Cina, passando per quello di Russia, ormai non riesce più a comunicare via radio col box a causa dei “bip” che tentano di oscurare un linguaggio ormai da camallo del porto di Genova, più che di un 4 volte campione del Mondo. VOTO: 5. Camionisti.
Correva nel gran premio di casa, e questa già di per sé era motivo di grande motivazione. Per di più, nella medesima settimana, aveva visto il compagno improvvisamente promosso nel team maggiore, la Red-Bull. Una situazione di cose capace di far vedere rosso anche al toro più daltonico. Fatto sta che Carlos Sainz Junior ha portato la sua Toro Rosso al 6° posto finale del Gp di Spagna. Un risultato figlio di un weekend perfetto, offuscato solo dalla straordinaria performance dell’ex compagno di team, neo pilota-vittorioso in Red Bell. VOTO: 9. Torero.
Due anni fa, al suo primo anno in Red Bull, aveva messo sotto pressione, nonché negli specchietti retrovisori, l’allora compagno di team, Sebastian Vettel. Ebbene Ricciardo aveva cominciato il weekend spagnolo sottotono rispetto all’arrembante neo compagno Verstappen, salvo poi rifilargli oltre quattro decimi nelle qualifiche ufficiali, quelle che contano. Sembrava destinato a vincerlo lui il Gran Premio di Spagna, che stava dominando dal primo giro. Ma l’italo-australiano non aveva fatto i conti con la strategia Red Bull, brutta copia di quella Ferrari, e il risultato è venuto da sé: era quarto sino all’ultimo giro, prima di forare la gomma posteriore che lo ha messo definitivamente ko. Peccato per lui. VOTO: 8. Si rifarà