Parliamo di un passato ormai glorioso si, ma sempre austero, ovvero gli anni Sessanta, dove la Fiat vive il suo momento d’oro, parliamo di un momento dove il fenomeno della globalizzazione è ancora lontano dal verificarsi, tanto che in Italia tre auto su quattro hanno l’emblema della casa torinese. L’entusiasmo è così alle stelle, che in Fiat, si pensa ancora più in grande, un mondo dove il lusso regina sovrano e dove a listino vi era la 2300 Lusso Berlina, ma i tempi sono cambiati e gli automobilisti esigono ancora di più.
D’altronde il mercato è competitivo e il confronto fra marchi stimola la crescita. “Dobbiamo creare qualcosa che metta i bastoni tra le ruote a Jaguar e Mercedes-Benz“, questo pensano tanto Vittorio Valletta quanto l’avvocato Gianni Agnelli quando diedero il via libera al progettista capo, Dante Giacosa. Correva l’anno 1963, quando si comincia a produrre un gioiello che lasci tutti a bocca aperta. Dopo 6 anni arriva in scena la Fiat 130, la grande ammiraglia del Lingotto.
Parliamo della nuova “berlinona” italiana che vuole sfidare la Germania con la sua colossale Mercedes 300 SE e la Gran Bretagna con la Jaguar Mk X. L’obiettivo è raggiungere degli standard di qualità paragonabili solo a quello che offrono i marchi già affermati in questa categoria, garantendo la tipica personalità e anima tricolore. Il risultato risulta essere davvero interessante , specialmente per ciò che si nasconde sotto alla rigidità.
Esternamente la Fiat 130 spicca per una rigidità classica, rigorosa e possente. Sicuramente al suo cospetto non si rimena ammaliati per la fantasia e l’audacia stilistica, ma tutto sommato si può applaudire per l’eleganza che rispecchia i comandamenti della sua epoca. Una raffinatezza che si ritrova anche dentro al ricco abitacolo, adorando da legno pregiato e selleria in pelle di grande qualità.
Ciò che lascia davvero tutti di stucco è la meccanica della grande ammiraglia torinese: motore longitudinale, trazione posteriore, sospensioni indipendenti, quattro freni a disco con servofreno e cambio automatico di serie.
Questa Fiat 130 risulta essere iconico poiché fu la prima auto italiana a offrire la trasmissione automatica di serie, mentre per avere il canonico manuale a cinque marce bisognava andare a chiederlo negli optional. Il motore, invece, venne progettato dall’ingegnere Aurelio Lampredi, uno dei grandi acquisti della Fiat anni Sessanta, prelevato direttamente dalla Ferrari.
Per il colosso torinese, il prestigioso tecnico livornese sviluppa un propulsore da 2.9 litri V6 da 140 CV.
Il problema? Beh, se vogliamo dirla tutta basta una cosa: basta dire Fiat, già perché queste lettere non sono abbiante a vetture di lusso, quanto a macchine per il popolo, che fosse stato meglio un nome Lancia? Chi lo sa, fatto sta che questa Fiat 130 divenne il simbolo del lusso e della classe emergente italiana, ma al tempo stesso non diede i risultati sperati. Anche se al tempo stesso creò una linea di vetture di lusso che portarono il nome di Fiat 132 e Fiat Croma.