Rivoluzione verde: ancora tutto da fare | Aziende dell’indotto pensano anche di cambiare mestiere
I tempi e gli obiettivi della transizione all’elettrico sono molto stringenti, ma non tutto l’indotto automobilistico sembra essere pronto.
La transizione a una mobilità completamente elettrica non infonde dubbi e perplessità solo negli acquirenti, ma su larghissima scala, anche nel settore e nel comparto auto tutto. In particolar modo l’industria automobilistica europea e anche quello che rimane di quella italiana, si trova ad affrontare grosse difficoltà.
Sappiamo bene che la politica comunitaria ha posto come obiettivo lo stop alle vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Ma questa rivoluzione non investe solo i grandi colossi produttori di auto ma tutto l’indotto, anche la più piccola azienda di componentistica.
Parlando di numeri in Italia questo indotto conta almeno 2167 imprese con all’attivo almeno 167 mila lavoratori. Territorialmente parlando le aziende che fanno parte del comparto auto si concentrano soprattutto nella regione Piemonte. A rivelare le difficoltà di questo settore è appunto uno studio di Anfia e della Camera di Commercio di Torino.
L’industria e il comparto automobilistico del nostro Paese, quel poco che rimane, è in grado di accettare e superare la sfida della transizione all’elettrico? Al momento sembrerebbe di no, il comparto auto non è ancora pronto, almeno non del tutto, alla rivoluzione dei propulsori elettrici.
Rivoluzione verde e comparto auto: non tutti sembrano essere pronti
Una piccola parte del settore, per quanto riguarda il nostro Paese, secondo i dati riportati da un’indagine del quotidiano La Repubblica, un buon 57,2%, deve mettere in atto una trasformazione di tutto il suo modo di produrre per orientarsi all’elettrico. Solo un 42,8% afferma di non dover apportare alcuna trasformazione al proprio modello produttivo perché già pronti.
Si assiste al verificarsi di fenomeni abbastanza strani in questo periodo di conversione dei mercati e dell’industria: nel 2022 lo stesso quotidiano La Repubblica ha registrato, attraverso un’indagine sul campo, una crescita del 22% del comparto di componentistica piemontese nonostante l’occupazione dello stesso calasse dell’1,3%.
Cambiare mestiere o settore per sopravvivere
Comunque tornando alle scelte quasi dovute delle aziende, c’è chi si dice pronto a non trasformare il suo modello produttivo, parliamo di una realtà su quattro, e a rivolgere la sua attenzione a mercati esteri dove non ci sono restrizioni in materia automobilistica come quelle imposte dall’UE. Gran parte delle aziende che realizzano componentistica si dicono pronte a considerare l’idea di cambiare settore.
Un’azienda su dieci sarebbe pronta a rivolgersi ad industrie diverse da quella automobilistica per sopravvivere. Non considerando la concorrenza estera, specie quella cinese, molto aggressiva, proprio nel settore della componentistica, con prezzi che sbaragliano chiunque e che la maggior parte delle aziende nostrane vive come una minaccia.