I cittadini residenti in Italia si trovano a fare i conti ogni anno con il pagamento di un tributo che viene considerato a dir poco scomodo dalla gran parte degli utenti della strada. Stiamo parlando del bollo auto, un tempo denominato tassa di circolazione, il cui pagamento può essere ottemperato sia presso gli uffici dell’Aci che dal tabaccaio oppure nelle agenzie dedicate. Che cosa identifica nello specifico la dicitura ‘bollo auto’? Si tratta in buona sostanza di un tributo locale che va a insistere su auto e motoveicoli immatricolati in Italia.
Il suo versamento è a favore degli enti regionali di residenza, che poi reinvestono il denaro in opere diverse (in primis il ripristino delle strade danneggiate). Il bollo auto è nato nel febbraio del 1952 e, come accennato, un tempo era detto tassa di circolazione. La sua genesi è avvenuta nell’ambito di un progetto che prevedeva la raccolta – da parte del Governo – delle varie disposizioni di legge in materia di tasse automobilistiche. Fu con il DPR (decreto del Presidente della Repubblica) 39 del 1953 che venne ufficialmente approvato il bollo auto: si trattava del Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.
A volere fortemente tale tributo era stato l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, assieme al premier Alcide De Gasperi. Il testo fu poi riformato due anni dopo, visto che era emersa la necessità da parte dello Stato di incamerare parte del denaro necessario per provvedere alla realizzazione delle autostrade. Siamo nel 1955 e la norma resterà invariata fino al 1982, quando venne introdotta la tassa di possesso. Che cosa implica? Che il tributo è dovuto anche nel caso in cui l’automobile o il motoveicolo non risultino essere circolanti. Arriva il primo gennaio del 1999 e le competenze relative alla riscossione dei pagamenti vengono delegate alle regioni grazie alla legge 449 del 1997. L’obiettivo è quello di andare a incentivare in questo modo gli investimenti sui territori. Infine, arriviamo al 2000 quando è avvenuta l’introduzione dell’esenzione per veicoli che risultino essere stati immatricolati da oltre 30 anni. Per capire come fare il calcolo del bollo auto e quindi scoprire quale sia la cifra da corrispondere in relazione alla propria vettura si può ricorrere ad alcuni tool digitali, che sono messi gratuitamente a disposizione degli utenti dai vari enti competenti.
Si può optare per due soluzioni: consultare il portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, in modo tale da avviare il calcolo del bollo per l’anno in corso inserendo il numero di targa del proprio mezzo di trasporto, oppure ci si potrà poi affidare al sito dell’Aci: insieme al tipo di veicolo (auto, moto, ciclomotore, minicar o rimorchio) e alla regione di appartenenza si dovranno fornire informazioni sul tipo di pagamento.
Il bollo auto è una tassa come le altre, si parla di imposta indiretta dal momento che non tutti sono tenuti al relativo pagamento ma soltanto chi abbia la disponibilità materiale del mezzo. Il pagamento mancato o il ritardo non configurano conseguenze di ordine penale, quanto piuttosto soltanto tributario e di natura pecuniaria. In generale, per quanto riguarda il bollo auto, i termini di pagamento variano in base a diversi elementi come potenza, primo bollo o rinnovo, il valore relativo alla classe di inquinamento (da 0 a 6) ma non solo. Vediamo infine chi è tenuto al pagamento del bollo e del superbollo, ricordando che quest’ultimo va a configurare un’addizionale che si paga oltre al bollo quando il mezzo sia molto potente o di lusso. Il riferimento è a determinate categorie, come suv e fuoristrada ma anche auto lussuose, sportive e supercar. Devono pagare questi tributi tutti coloro che risultano essere proprietari del mezzo alla scadenza del termine utile per il pagamento della tassa stessa. Se l’auto viene venduta la settimana successiva e la persona ne acquista contestualmente un’altra, sarà comunque tenuto al versamento di un secondo bollo (ovviamente del superbollo se ha optato per un’auto di prestigio o potente).